SILVIA CALDERONI - ILENIA CALEO

20 aprile - 2 maggio 2021

Prender-si cura | 2021
La Pelanda
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La Pelanda
 
tretigricontrotretigri

Cosa vuol dire per voi abitare uno spazio in un periodo di residenza?

 

È un modo bellissimo di abitare – dovrebbe essere un diritto di tuttx, non solo dellx artistx, di poter abitare come si abita nel tempo delle residenze. Si è fuori dal domestico, dunque è occasione per sdomesticarsi, inselvatichirsi quel poco, disabilitare le abitudini. È provvisorio, e se c’è una casa-foresteria è una casa di passaggio. Ce ne dovrebbero essere molte, moltissime, di case-comuni, foreste per stare, pensare, creare. Fuori da casa-propria. È un posto per perderlo, il tempo. Dissiparlo, come si conviene. Poi è anche spazio di mescolanza – perché lo spazio non è mai in generale, è sempre uno in particolare. Sta all’incrocio di due strade, di quelle due strade, occupa un volume, ha una sua consistenza materica precisa. Per dire che la creazione non avviene nell’Iperuranio, è sempre situata geograficamente, emotivamente. Dove accade qualcosa, dove abbiamo cercato un rimedio a un disfunzionamento, dove ci siamo fatte una domanda, dove un’idea si è manifestata. Poi, ogni spazio di residenza ha il suo bar di riferimento. Quello del Mattatoio è il bar della Signora, col suo caffè amarissimo. Per dire che siamo influenzate da tutto, tutto l’intorno ci modifica, entra nel lavoro soprattutto quando è ancora da farsi. Le residenze artistiche sono l’unica vera seria alternativa al turismo.

 

Come definite lo spazio del vostro lavoro e della vostra ricerca? Cosa indagherete in questa occasione?

 

Per rispondere abbiamo scritto questo.

 

ho visto un documentario su un polpo. breve. degli anni sessanta. la voce parlava francese, capito poco, nulla direi. ma aveva un andamento terrorifico, da horror. sussultavo ad ogni attacco di frase. il polpo aveva la granulosità metallica della pellicola in technicolor. per via della voce narrante, e anche della sonorizzazione, sembrava un assassino. si muoveva, pericoloso, sui fondali, tentacolare. vischioso. ma del resto era un polpo, faceva il suo lavoro. chissà, se era sempre lo stesso polpo. me lo chiedo spesso, quando guardo i documentari. se il polpo di cui seguiamo le vicende, il leone acquattato, il coleottero melolontha siano sempre lo stesso polpo lo stesso leone lo stesso coleottero. o non siano individui diversi, ripresi in momenti e magari anche in luoghi diversi. sarei in grado di distinguerli l’uno dall’altro? e che cos’è, che sappiamo distinguere con certezza?

 

Alcune cose che ci interessano. I disturbi della memoria. Proprio le interferenze, i buchi. La solitudine, ma forse al plurale: le solitudini. Una serie di solitudini. Molto spazio vuoto attorno a un corpo. I battuage. Un’utopia dei corpi di cui non abbiamo esperienza.

Forse potremmo cercare una zona comune, di indiscernibilità, e iniziare ad abitarla. O forse invece ciò che separa e distingue un disturbo, da una condizione, da una scopata.
W. in un suo lavoro cuce insieme due pezzi di pane raffermo, con un filo rosso. Per rifare l’intero, impossibile da rimettere assieme. Per fermare la vita, dilazionare la morte. È un gesto disperato, eppure pieno di futuro. Un futuro rappezzato, manomesso.

O forse potremmo buttare tutto alle ortiche. Sono fortunate le ortiche. Hanno tante idee scartate di cui nutrirsi.

 

Tre parole per definire cura

 

riparare / ri-creare / toccare

 
 

 


 

Silvia Calderoni è attrice e performer. Si forma artisticamente da giovanissima con la coreografa Monica Francia e con la compagnia Teatro della Valdoca, di cui è stata interprete in diverse produzioni tra cui Paesaggio con fratello rotto. Dal 2006 è parte attiva della compagnia Motus ed è interprete negli spettacoli Rumore Rosa, A place, ICS - racconti crudeli della giovinezza, Crac, Let the sunshine in, Too-late, Iovadovia, Tre atti pubblici, Alexis. Una tragedia greca, nella tempesta, Caliban Cannibal, King Arthur ospitati in numerosi festival nazionali e internazionali. È protagonista di The Plot is the Revolution a fianco di Judith Malina, storica fondatrice del Living Theatre. Dal 2015 è in tournèe nei principali teatri e festival internazionali con il solo MDLSX, di cui firma anche la drammaturgia insieme a Daniela Nicolò. Premio Ubu 2009 come miglior attrice under 30, al cinema è Kaspar in La leggenda di Kaspar Hauser, film cult diretto da Davide Manuli (2012).
 
Ilenia Caleo è performer, attivista e ricercatrice indipendente. Dal 2000 lavora come attrice, performer e dramaturg nella scena contemporanea, collaborando con diverse compagnie e registe/i. Filosofa di formazione, ha svolto un dottorato di ricerca su corpo e performativo tra performance studies e filosofia politica all’Università La Sapienza di Roma. Si occupa di corporeità, epistemologie femministe, sperimentazioni nelle performing arts, nuove istituzioni e forme del lavoro culturale. È ricercatrice allo IUAV di Venezia e coordinatrice del Modulo Arti del Master Studi e Politiche di Genere di Roma Tre. Attivista del Teatro Valle Occupato e nei movimenti dei commons e queer-femministi, è cresciuta politicamente e artisticamente nella scena delle contro-culture underground e dei centri sociali.
 
Calderoni-Caleo si incontrano in Animale politico project di Motus nel 2012 al Teatro Valle Occupato. Insieme partecipano allo spettacolo nella tempesta di Motus e da qualche anno portano avanti un progetto comune che si snoda tra fasi laboratoriali e residenze artistiche, un atelier di ricerca aperto e orbitante. A partire dal workshop di Biennale College Teatro 2018, hanno dato vita a KISS, progetto performativo con 23 performer, prodotto da Santarcangelo Festival, CSS Udine, Motus. Oltre ai progetti artistici, condividono in verità un po’ tutto.
  

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27 dicembre 2020 - 13 agosto 2021
Padiglione 9B, Performer: Prinz Gholam
13 luglio, ore 12-13
SOLO SU INVITO
13 luglio, ore 12-13
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