Cosa vuol dire per te abitare uno spazio in un periodo di residenza?
Abitare uno spazio di residenza è come andare a casa di Giacomo un venerdì pomeriggio del 1997 alle 15.30, non fare i compiti, giocare a NBA Live 97 con i Minnesota Timberwolves e inventarsi carte telefoniche inesistenti.
Come definisci lo spazio del tuo lavoro e della tua ricerca? Cosa indagherai in questa occasione?
Lo spazio della mia ricerca è un piccolo scaffale in una libreria anni ’50, progettata da un anonimo francese. Al suo interno (dell’anonimo francese, non dello scaffale) ci sono alcuni libri. I primi tre, dai piedi verso la testa, sono: una guida inutile alla patafisica, un catalogo che riunisce i 111 capi d’abbigliamento più significativi della storia moderna e un testo rivelatore sul mare di metafore in cui siamo immersi.
Lo spazio del mio lavoro è una realtà parallela in cui vivono ballerine che guidano Harley Davidson, elfi che cantano Michael Jackson e sassi che cambiano sempre di stile.
Durante questa occasione spero di completare una coreografia in cui due video ballano un passo a due.
Tre parole per definire cura
La cura è un gesto, mi vengono tre verbi: ascoltare, amare, nutrire
(il seguente testo è da leggere mentre si ascolta Instant Disassembly dei Parquet Courts)
Roberto Fassone (1986) vive e lavora tra Firenze e Pol Sesanne. La sua ricerca si concentra sulle strutture creative, sul rapporto tra gioco e performance, sulla differenza tra storia e aneddoto, sui gesti spontanei e su come spostare nel tempo il surrealismo. A oggi, lunedì 1 febbraio 2021, il suo artista preferito è Paola Pivi.
Negli ultimi anni Fassone ha esposto e performato il suo lavoro presso istituzioni italiane e internazionali, tra le quali: Quadriennale di Roma; Japan Media Arts Festival, Tokyo; MAMbo, Bologna; Fanta-MLN, Milano; OGR, Torino; MOCAK, Krakow; Centrale Fies, Dro; Carroll / Fletcher, Londra; AOYS (online), Zkm, Karlsruhe; Mart, Rovereto; Castello di Rivoli, Torino; Civitella Ranieri Foundation; Strozzina, Firenze.
Nel 2019 ha co-curato con l’artista e performer Kasia Fudakowski Lo scherzo dell’arte, un film festival performativo all’interno del più conosciuto Lo schermo dell’arte Film Festival. Sempre nel 2019 ha vinto il bando IMAGONIRMIA, fondando a Modena Ovest Il Museo del tempo perso; è inoltre co-fondatore dello spazio di ricerca Estuario. Dal 2012 ha sviluppato un’intensa attività di workshop dedicati all’implementazione del pensiero laterale e creativo in collaborazione con musei (Zkm, Karlsruhe; MA*GA, Gallarate), spazi artistici (Hangar Bicocca, Milano; OGR, Torino) e scuole (MADE Program Accademia di Belle Arti Siracusa; ISD, Dusseldorf).
Ha recentemente vinto l’ Artists’ Film Italia Recovery Fund, promosso dallo Schermo dell’arte Film Festival.