Che cos’è per te il tempo della ricerca e della sperimentazione?
Percepisco il tempo della ricerca come uno spazio che si muove tra i momenti in cui attingo da suggerimenti non previsti, che oscillano tra memorie, desideri del presente, accidenti, incontri e quelli in cui scelgo di approfondirli o seguire derive confidando in un punto di arrivo. Come arrivo non intendo una soluzione ma una conclusione temporanea che coincide forse con l’affermazione di una fine. Questo ultimo passaggio prende forma con la sperimentazione e la relazione quindi con uno spazio fisico e non riproducibile.
In che modo la tua pratica è influenzata dallo spazio di una residenza artistica?
Lo spazio serve a rendere visibili le possibilità, e la misura o la forma dell’influenza credo dipenda proprio dall’intenzione che sta dietro. Quanta libertà lascio al contesto di modellare il pensiero? Quali sono i pesi? il pensiero può esistere fuori da un contesto? o ancora, come mi posiziono nello spazio ancora prima di abitarlo?
Come dialogano cura e ricerca artistica?
La parola “cura” mi suona ormai enigmatica, spesso quindi mi ritrovo a diffidarne per poi ricordarmi che il problema non sta sempre nelle parole ma nell’uso che se ne fa. Nel contesto di una ricerca artistica la parola cura mi avvicina immediatamente alle relazioni che si instaurano, tra le persone coinvolte, le presenze convocate dai temi che si trattano, la storia, il vissuto, i corpi più o meno presenti, le contingenze. Quindi il dialogo ogni volta è specifico e parte di sicuro dall’ascolto di chi c’è, sia fisicamente che non. E poi c’è una sorta di verifica continua che ci aiuta a ricordare che quello che siamo e quello di cui abbiamo bisogno sta sempre al centro e che in realtà, se riusciamo ad ascoltarci, la cura è imprescindibile e la ricerca parte da lì.
De Isabella nasce a Milano nel 1984. Dopo il diploma in Ripresa e Fotografia presso la Scuola Civica di Cinema di Milano nel 2009 co-fonda il collettivo milanese Strasse gruppo che si è mosso in ambito performativo nello spazio pubblico. Parallelamente a Strasse si occupa di djing dal 2007 con lo pseudonimo di ubi broki e organizza party con matrice electro-romantic-queer. Negli ultimi anni ha curato il suono dei lavori di Giorgia Ohanesian Nardin, Chiara Bersani, Titta Raccagni e il collettivo Mine e ha collaborato come dj con Cristina Crystal Rizzo e Daniele Ninarello. Con altr_ artist_ da qualche anno si interroga partendo dalla necessità e dal desiderio di mettere in discussione dinamiche, approcci e domande sulle pratiche di produzione artistica da un punto di vista transfemminista e queer. Nel 2021 presenta a Centrale Fies “DICIOTTANNI” la prima parte del suo nuovo lavoro come autore.
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