Cosa vuol dire per te abitare uno spazio in un periodo di residenza?
Significa vivere il contesto, permettere alle intuizioni di svilupparsi e di prendere forme inaspettate. È un momento di confronto, dove si testano le possibili strade da intraprendere. Procedere per tentativi.
Abitare il luogo è fondamentale, anche nel silenzio. È ciò che modifica i pensieri e li tramuta in gesti.
È una dimensione intima che permette allo sguardo di aprirsi verso l’altro.
Come definisci lo spazio del tuo lavoro e della tua ricerca? Cosa indagherai in questa occasione?
Quando penso allo spazio della mia ricerca mi viene in mente un grande dispositivo di mutazione, una sorta di shuttle: so che quando ne uscirò sarò diverso.
Solitamente prendo in esame luoghi definiti, contestualizzati all’interno di contenitori spaziali più grandi. Lo spazio della ricerca è lo spazio della riflessione, aperto anche alla pazienza di lasciar stratificare le esperienze che possano definire il campo di azione o l’azione stessa.
Vorrei lavorare sulla costruzione di setting spaziali nei quali sviluppare la pratica sul corpo in relazione al paesaggio circostante. Ciò che intendo indagare è il tipo di fruizione dell’evento e in che modo si possano configurare architetture di visione per favorire uno stato di contemplazione nei confronti di chi assiste. Immagino una terra invisibile evocata attraverso una superficie chiusa come quella di una moquette.
È in questo ambiente che si definisce un luogo d’incontro, dove è possibile intravedere l’apertura di varchi emotivi.
È l’occasione per costruire il territorio al di fuori dei limiti prestabiliti.
Cosa si vede quando si osserva un paesaggio?
Tre parole per definire cura
Il momento prima di una festa.
Attesa.
Lasciare.
Aurelio Di Virgilio (IT,1995), dancemaker e performer, si forma a Milano alla scuola del Piccolo Teatro. Continua la sua formazione seguendo alcuni coreografi come Daniele Albanese, Daniele Ninarello, Isabelle Schad, Marco D’Agostin, Elena Giannotti, Virgilio Sieni, gruppo nanou. Nel 2017 lavora come danzatore in LIBERA TUTTI! di Elena Giannotti.
Attualmente collabora con il Collettivo Treppenwitz, un gruppo Italo-svizzero, con cui lavora per lo spettacolo L’amore ist nicht une chose for everybody (loving kills) di Simon Waldvogel.
Firma il suo primo lavoro, Sexy movers, presentato all'edizione 2020 de "La democrazia del Corpo" all’interno della rassegna Novissimi organizzata da Virgilio Sieni per coreografi U35.
Nel 2021, presenta la sua nuova ricerca, LAND negli spazi de La Fondazione | Fondazione Nicola del Roscio, in occasione dell'evento Fenomeno Pasquarosa in dialogo con Pier Paolo Pancotto.